Setsuka gaiden

Judo

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view post Posted on 15/11/2011, 09:28

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Judo
Il Judo (柔道, Jūdō?, Via della Cedevolezza) è un'arte marziale e uno sport da combattimento giapponese formalmente nata in Giappone con la fondazione del Kōdōkan da parte del Prof. Jigorō Kanō, nel 1882. I praticanti di tale disciplina sono denominati judoisti o più comunemente judoka (柔道家, jūdōka?), con un certo abuso di linguaggio.[1]

« Il jūdō è la via (道) più efficace per utilizzare la forza fisica e mentale. Allenarsi nella disciplina del jūdō significa raggiungere la perfetta conoscenza dello spirito attraverso l'addestramento attacco-difesa e l'assiduo sforzo per ottenere un miglioramento fisico-spirituale. Il perfezionamento dell'io così ottenuto dovrà essere indirizzato al servizio sociale, che costituisce l'obiettivo ultimo del jūdō.[2]
Jū (柔) è un bellissimo concetto riguardante la logica, la virtù e lo splendore; è la realtà di ciò che è sincero, buono e bello. L'espressione del jūdō è attraverso il waza, che si acquisisce con l'allenamento tecnico basato sullo studio scientifico.[3] »
(Jigorō Kanō)

Il jūdō è in seguito divenuto ufficialmente disciplina olimpica nel 1964, in occasione delle Olimpiadi di Tōkyō, e ha rappresentato alle Olimpiadi di Atene 2004 il terzo sport più universale, con atleti da 98 paesi.

Descrizione

Il termine "jūdō" è composto da due kanji: 柔 (jū, yawara = gentilezza, adattabilità, cedevolezza) e 道 (dō = via); ed è quindi traducibile anche come via dell'adattabilità, o via della gentilezza;[4] esplicitando così il principio yawara (柔, yawara?) sul quale si basa il jūdō.

« Il termine "jūdō" è stato usato in tempi remoti antecedenti alla restaurazione Meiji, ma generalmente si preferiva dire "jū-jutsu", o più comunemente "yawara", che compendia il precedente: l'uno richiamandosi all'agilità vera e propria e l'altro alle tecniche di attacco e difesa.[5] »
(Jigorō Kanō)

Il jūdō del Prof. Kanō è l'evoluzione del jū-jutsu della Tenshin Shin'yo-ryũ e della Kitō-ryũ.

Jigorō Kanō
Jigorō Kanō

Jigoro Kano (嘉納 治五郎, Kanō Jigorō?) (28 ottobre 1860 – 4 maggio 1938) è stato un judoka giapponese, fondatore del Jūdō.

Il Maestro Jigoro Kano nacque il 28 ottobre 1860 a Mikage, un piccolo villaggio marino nei pressi di Kobe. Egli era il terzo figlio di Jirosaku Kano, ufficiale di Marina dello shogun Tokugawa, ma il titolo era probabilmente onorifico in quanto la famiglia si occupava della produzione di sakè. Da giovane, essendo di piccola statura e di fisico piuttosto gracile, pratica intensamente dell'attività fisica ed alcuni sport occidentali come il baseball, di cui fu il fondatore del primo club giapponese. Kano sapeva che nel periodo feudale veniva praticato in Giappone il jujutsu, una disciplina con la quale un uomo poteva battere un avversario anche di gran forza, e comincia ad interessarsene. Si procura perciò numerosi Densho, i libri segreti, che ormai si trovavano in vendita nei mercatini, e con un suo compagno di studi tenta di addestrarsi da solo. Più tardi si iscriverà in una palestra in cui si pratica il jujutsu, divenendo abilissimo allievo, svilupperà in seguito un suo speciale metodo chiamato appunto judo.

La filosofia del Kōdōkan jūdō

Nel 1882 Jigorō Kanō era docente di inglese ed economia alla Gakushūin. Dotato di straordinarie capacità pedagogiche, intuì l'importanza dell'attività motoria e dell'addestramento al combattimento, se insegnati adeguatamente per lo sviluppo fisico ed intellettuale dei giovani.

« Il jū-jutsu tradizionale, come tante altre discipline del bu-jutsu, poneva l'obiettivo strettamente ed esclusivamente sull'attacco-difesa. È probabile che molti maestri abbiano anche impartito anche lezioni sul significato della Via e altrettanto sulla condotta morale, ma, adempiendo il loro dovere di insegnanti, la meta primaria rimaneva quella di insegnare la tecnica. Diverso è invece il caso del Kōdōkan, dove si dà importanza anzitutto all'acquisizione della Via e la tecnica viene concepita unicamente come il mezzo per raggiungere tale obiettivo. Il fatto è che le ricerche sul jū-jutsu mi portarono verso una Grande Via che pervade l'intero sistema tecnico dell'arte, mentre lo sforzo e i tentativi per definire l'entità della scoperta mi convinsero chiaramente dell'esistenza della Via Maestra, che ho definito come "la migliore applicazione della forza mentale e fisica". »
(Jigorō Kanō)


Quindi, Jigorō Kanō Shihan eliminò dal randori ( indica l'esercizio libero del Judo, cioè la messa in pratica delle tecniche imparate studiando i kata) tutte le azioni di attacco armato e di colpo, che potevano portare al ferimento (talvolta grave) degli allievi: tali tecniche furono ordinate solo nei kata, in modo che si potesse praticarle senza pericoli. Ed infatti, una delle caratteristiche fondamentali del jūdō è la possibilità di effettuare una tecnica senza che i praticanti si feriscano. Ciò accade grazie alla concomitanza di diversi fattori quali l'abilità di uke nel cadere, la corretta applicazione della tecnica da parte di tori, e alla presenza del tatami che assorbe la caduta di uke. Nel combattimento reale, come può essere una situazione di pericolo contro un aggressore armato o non, una tecnica eseguita correttamente potrebbe provocare gravi menomazioni o finanche essere fatale.

Difatti non bisogna mai dimenticare il retaggio marziale del jūdō: il Prof. Kanō studiò e approfondì le nage-waza della Kitō-ryū, le katame-waza e gli atemi-waza di Tenshin Shin'yō-ryū e costituì un suo personale sistema di educazione al combattimento efficace e gratificante, supportato da forti valori etici e morali mirati alla crescita individuale e alla formazione di persone di valore.

Scrive Barioli: «Questa è la diversità di concezione tra il jūjutsu e il jūdō. Dalla tecnica e dalle esperienze del combattimento sviluppate nel periodo medievale, arrivare tutti insieme per crescere e progredire col miglior impiego dell'energia, attraverso le mutue concessioni e la comprensione reciproca.» Questa fu la vera evoluzione rispetto al jūjutsu che si attuò anche attraverso la formulazione dei principî fondamentali che regolavano la nuova disciplina: seiryoku-zen'yō (精力善⽤, seiryoku-zen'yō? "il miglior impiego dell'energia") e jita-kyō'ei (⾃他共榮, jita-kyō'ei? "tutti insieme per il mutuo benessere").

Le otto qualità essenziali sulle quali si poggia il codice morale del fondatore, alle quali ogni judoista (jūdōka) dovrebbe mirare durante la pratica e la vita di tutti i giorni sono:

L'educazione
Il coraggio
La sincerità
L'onore
La modestia
Il rispetto
Il controllo di sé
L'amicizia
Mentre i tre nemici che ogni judoka dovrebbe tenere lontano sono:

la noia
l'abitudine
l'invidia
Per ottenere ciò, nell'ottica educativa della disciplina, è necessario impiegare proficuamente le proprie risorse, il proprio tempo, il lavoro, lo studio, le amicizie, allo scopo di migliorarsi continuamente nella propria vita e nelle relazioni con gli altri, conformando cioè la propria vita al compimento del principio del "miglior impiego dell'energia". Si stabilì così l'alto valore educativo della disciplina del judo, unita alla sua grande efficacia nel caso venisse impiegato per difendersi dalle aggressioni.

Il judo mira a compiere la sintesi tra le due tipiche espressioni della cultura giapponese antica e cioè Bun-bu, la penna e la spada, la virtù civile e la virtù guerriera: ciò si attua attraverso la pratica delle tre discipline racchiuse nel judo, chiamate rentai (cultura fisica), shobu (arti guerriere), sushin (coltivazione intellettuale).

Il judo conobbe una straordinaria diffusione in Giappone, tanto che non esisteva una sola città che non avesse almeno un dojo. Parallelamente si diffuse nel resto del mondo grazie a coloro che avevano modo di entrare in contatto col Giappone; furono principalmente commercianti e militari che lo appresero, importandolo poi nel loro paese d'origine. Non meno importante fu la venuta in Europa intorno al 1915 di importanti maestri giapponesi, allievi diretti di Jigoro Kano, che diedero ulteriore impulso allo sviluppo del judo, tra cui Gunji Koizumi in Inghilterra nel 1920 e Mikonosuke Kawaishi in Francia.

Jigoro Kano morì nel 1938, in un periodo in cui il Giappone, mosso da una nuova spinta imperialista, si stava avviando verso la seconda guerra mondiale. Dopo la disfatta, la nazione venne posta sotto il controllo degli USA per dieci anni e il judo fu sottoposto ad una pesante censura poiché catalogato tra gli aspetti pericolosi della cultura giapponese che spesso esaltava la guerra. Fu perciò proibita la pratica della disciplina ed i numerosi libri e filmati sull'argomento vennero in gran parte distrutti. Il judo venne poi "riabilitato" grazie al CIO (comitato olimpico internazionale) di cui Jigoro Kano fece parte quale delegato per il Giappone, e ridotto a semplice disciplina di lotta sportiva ma i suoi valori più profondi sono ancora presenti e facilmente avvertibili dai partecipanti.

Ai giorni nostri

A partire dal dopoguerra, con l'organizzazione dei primi Campionati Internazionali e Mondiali, e successivamente con l'adesione alle Olimpiadi, il judo si è sempre più avvicinato allo sport da combattimento mutuandone le caratteristiche tipiche dell'agonismo proveniente dalle discipline di lotta occidentali.

Si è perciò cominciato a privilegiare la ricerca del vantaggio minimo che permette di vincere la gara, a discapito della ricerca della tecnica perfetta che attribuisce la vittoria immediata, ma che espone a maggiori rischi di subire un contrattacco. Questo è possibile utilizzando tecniche derivate dalla lotta libera che per efficacia in gara si contrappongono alle tecniche tradizionali del judo le quali tradiscono l'indirizzo bujutsu che le caratterizza per vocazione e genealogia.

Questo risvolto, purtroppo inevitabile, non ha fatto che aumentare con l'entrata in scena, avvenuta negli anni ottanta, degli atleti dell'ex URSS, aventi una lunga tradizione di lotta sambo alle spalle la quale, epurata delle tecniche dei colpi, ben si presta ad un confronto agonistico col judo.

In conseguenza di ciò, si è sviluppata la tendenza a privilegiare un tipo di insegnamento che metta in condizioni gli allievi di guadagnare immediatamente punti in gara, privilegiando talora posizioni statiche del tutto contrarie alla filosofia della via della cedevolezza (che è il significato del termine judo). Purtroppo in questo modo viene spesso tralasciato l'aspetto educativo e formativo della disciplina. Questa pratica è spesso indice di scarsa preparazione degli istruttori, che non comprendono la necessità di fornire un'adeguata base tecnica e morale prima di focalizzarsi sul combattimento vero e proprio.

Allo scopo di riaffermarne il valore, si sono costituite nel tempo Federazioni Sportive anche di carattere internazionale che tendono a far rivivere i principi espressi dal Maestro Jigoro Kano, quantunque anch'esse si dedichino all'attività agonistica. Queste federazioni sono riunite all'interno di Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, quali, CSI, UISP, CSEN, ACSI, Centro Universitario Sportivo ed altre. In Italia la federazione ufficiale appartenente al CONI è la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali).

Questo non significa però che vi siano due tipologie di scuole di jūdō dove una si ritenga superiore all'altra. Come scrisse lo stesso Jigorō Kanō: «Anche nel periodo antico esistevano maestri che impartivano nozioni di tipo etico oltre che tecnico: si trattava di esempi illuminati ma che, tenendo fede al loro impegno di maestri, dovevano necessariamente privilegiare la tecnica. Nel jūdō invece gli insegnanti devono percepire la disciplina soprattutto come educazione, fisica e mentale.» Aggiungendo inoltre che «per coloro che si dimostrassero particolarmente portati alla competizione è lecito interpretare sportivamente la disciplina, purché non si dimentichi che l'obiettivo finale è ben più ampio.»

Pertanto, nella scelta del dojo, è importante affidarsi a maestri di provata esperienza che tengano corsi per tutti, quindi sia per l'agonista quanto per l'amatore, indipendentemente dall'ambito della federazione o dell'ente promozionale.

Da una costola del judo, inoltre, si è sviluppata la disciplina del Brazilian jiu jitsu


Edited by Hamm - 15/11/2011, 11:11
 
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Judo
Le tecniche

Secondo il metodo d'insegnamento del Prof. Kanō, il Kōdōkan Jūdō consiste fondamentalmente nell'esercitare la tecnica di combattimento e nella ricerca teorica, entrambe cose elaborate dal principio "yawara".

« Yawara significa adeguarsi alla forza avversaria al fine di ottenere il pieno controllo. Esempio: se vengo assalito da un avversario che mi spinge con una certa forza, non devo contrastarlo, ma in un primo momento debbo adeguarmi alla sua azione e, avvalendomi proprio della sua forza, attirarlo a me facendogli piegare il corpo in avanti [...] La teoria vale per ogni direzione in cui l'avversario eserciti forza. »
(Jigorō Kanō)


Il jūdō offre un ricco repertorio di tecniche di combattimento, categorizzato solitamente come di seguito. Queste tecniche comprendono l'applicazione del principio yawara (non soltanto nel contesto dell'elasticità passiva intesa in senso buddhista, ma anche come principio attivo del contrattacco), enucleano i principi dell'attacco-difesa propri del metodo Kanō e ne dimostrano l'efficacia sia nel combattimento reale, sia nella competizione sportiva.

Tassonomia del waza

Le tecniche del jūdō del Prof. Kanō, ed oggi riconosciute ufficialmente dal Kōdōkan Jūdō Institute di Tōkyō, sono così suddivise:

Nage-waza:
- Tachi-waza:
Te-waza
Koshi-waza
Ashi-waza

- Sutemi-waza:
Ma-sutemi-waza
Yoko-sutemi-waza

Katame-waza:
Osae-komi-waza
Shime-waza
Kansetsu-waza

Atemi-waza:
- Ude-ate:
Yubisaki-ate
Kobushi-ate
Tegatana-ate
Hiji-ate

- Ashi-ate:
Hiza-gashira-ate
Sekitō-ate
Kakato-ate

Nage-waza (tecniche di proiezione)

Secondo la tassonomia tradizionale delle tecniche di jūdō, il gruppo preponderante è quello delle nage-waza (投技, nage-waza? "tecniche di proiezione"). Tali tecniche sono metodi di proiezione dell'avversario atti alla neutralizzazione della carica offensiva di quest'ultimo. L'apprendimento è strutturato secondo un sistema chiamato go-kyō-no-waza che ordina 40 tecniche in 5 classi in base alla difficoltà di esecuzione e alla violenza della caduta. Il totale delle nage-waza ufficialmente riconosciute dal Kōdōkan Jūdō Institute e dall'IJF è di 67 tecniche.

All'interno delle nage-waza si distinguono le tachi-waza (立技, tachi-waza?), ovvero le tecniche in cui tori proietta uke rimanendo in una posizione di equilibrio stabile, e le sutemi-waza (捨身技, sutemi-waza?), ovvero le tecniche in cui tori proietta uke sacrificando il suo equilibrio.

Le tachi-waza a loro volta si suddividono in tre gruppi: te-waza (手技, te-waza?), ovvero le tecniche di braccia; koshi-waza (腰技, koshi-waza?), tecniche di anca; e ashi-waza (足技, ashi-waza?), tecniche di gambe.
Le sutemi-waza a loro volta si suddividono in due gruppi: ma-sutemi-waza (真捨身技, ma-sutemi-waza?), ovvero le tecniche di sacrificio sul dorso; e le yoko-sutemi-waza (横捨身技, yoko-sutemi-waza?), tecniche di sacrificio sul fianco.
È tuttavia importante sottolineare che tale suddivisione biomeccanica ai fini dell'appartenenza o meno di un waza ad un gruppo, considera l'uso prevalente di una parte del corpo di tori, e non l'uso esclusivo di tale parte.

Alle nage-waza è dedicato il nage-no-kata.

Katame-waza (tecniche di controllo) (tecniche di proiezione)

Il secondo macrogruppo è costituito dalle katame-waza (固技, katame-waza? "tecniche di controllo"). Tali tecniche possono essere eseguite nel ne-waza (寝技, ne-waza? "tecnica o combattimento al suolo") in successione ad un nage-waza, ovvero a seguito di un hairi-kata (入り形, hairi-kata? "forma d'entrata, opportunità"), oppure –in rari casi– come azioni propedeutiche ad una proiezione.

Le katame-waza quindi si suddividono in osae-komi-waza (抑え込み技, osae-komi-waza?), ovvero le tecniche di immobilizzazione al suolo; shime-waza (絞技, shime-waza?), tecniche di strangolamento; e kansetsu-waza (関節技, kansetsu-waza?) tecniche di leva articolare.
Nel caso delle osae-komi-waza si possono distinguere due sottogruppi anche se tale ulteriore suddivisione trascende la tassonomia tradizionale. Esistono quindi immobilizzazioni su quattro punti d'appoggio (shihō-gatame (四方固, shihō-gatame?)) e le immobilizzazioni "diagonali" (kesa-gatame (袈裟固, kesa-gatame?)); per quanto concerne gli shime-waza, è anche possibile distinguere ulteriori sottoclassificazioni non ufficiali a seconda della posizione relativa di tori e uke, o alle prese di tori su uke, come nel caso dei jūji-jime (十字絞, jūji-jime?); mentre invece, per i kansetsu-waza è possibile riconoscere due sottogruppi principali indicanti uno le leve di distensione (hishigi-gatame (挫固, hishigi-gatame?)), e l'altro le leve di torsione degli arti (garami (緘, garami?)).

Alle katame-waza è dedicato il katame-no-kata.

Atemi-waza (tecniche di colpo)

L'ultimo gruppo di tecniche è chiamato atemi-waza (当て身技, atemi-waza? "tecniche di colpo") e si divide in: ude-ate (腕当て, ude-ate? "colpi con gli arti superiori") e ashi-ate (足当て, ashi-ate? "colpi con gli arti inferiori").

Gli ude-ate a loro volta si suddividono in: yubisaki-ate (指先当て, yubisaki-ate? "colpi inferti con la punta delle dita"), kobushi-ate (拳当て, kobushi-ate? "colpi inferti con il pugno"), tegatana-ate (手刀当て, tegatana-ate? "colpi inferti col taglio della mano"), ed hiji-ate (肘当て, hiji-ate? "colpi inferti con il gomito").
Gli ashi-ate a loro volta si suddividono in: hiza-gashira-ate (膝頭当て, hiza-gashira-ate? "colpi inferti con il ginocchio), sekitō-ate (石塔当て, sekitō-ate? "colpi inferti con l'avampiede"), e kakato-ate (踵当て, kakato-ate? "colpi inferti con il tallone").
Lo stesso Jigorō Kanō spiega gli effetti di tali tecniche: «Un attacco sferrato con potenza contro un punto vitale può dare come risultato dolori, perdita di coscienza, menomazioni, coma o addirittura morte. Le atemi-waza vengono praticate solamente nei kata, mai nel randori.»

Ukemi (cadute)

È molto importante per un jūdōka saper cadere senza farsi male, ed infatti le tecniche di caduta sono le prime nozioni che vengono insegnate ai nuovi praticanti. Esistono quattro diversi tipi di cadute:[36]

Mae-ukemi (前受身, Mae-ukemi? "caduta in avanti frontale")
Zempō-kaiten-ukemi (前方回転受身, Zempō-kaiten-ukemi? "caduta in avanti frontale con rotolamento"), applicabile in due forme: migi (右, migi? "destra") e hidari (左, hidari? "sinistra").
Ushiro-ukemi (後ろ受身, Ushiro-ukemi? "caduta indietro").
Yoko-ukemi (横受身, Yoko-ukemi? "caduta laterale"), applicabile come zempō-kaiten-ukemi sia a destra che a sinistra.
Il jūdō moderno tende ad interpretare la caduta come una sconfitta, ma in realtà essa è a tutti gli effetti una tecnica per consentire al corpo di scaricare senza danni l'energia cinetica accumulata durante la proiezione. Se male eseguita, possono verificarsi infortuni come lussazioni della spalla, contusioni al capo, ai piedi, ecc.
 
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view post Posted on 24/11/2011, 18:43

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tecnica di proiezione



Fasi dell'esecuzione del waza

Kuzushi

La possibilità di poter eseguire con successo una tecnica di proiezione è fondata sull'ottenimento di uno squilibrio kuzushi (くずし, kuzushi?) dell'avversario mediante azioni di spinta o trazione, ovvero tramite azioni ben calibrate atte al raggiungimento dello tsukuri (作り, tsukuri?).

« I movimenti base di kuzushi sono la spinta e la trazione, che vengono eseguiti con tutto il corpo, e non solo con le braccia. L'azione di sbilanciamento può essere eseguita lungo una linea retta o curva, e in ogni direzione. Per neutralizzare ogni tentativo dell'avversario di farci perdere l'equilibrio, bisogna dapprima cedere alla sua azione, e poi applicare il nostro kuzushi. »
(Jigorō Kanō)


Viene definito Happō-no-kuzushi (八方のくずし, Happō-no-kuzushi? "8 direzioni di squilibrio") il sistema di classificazione delle direzioni di squilibrio per il quale è possibile spostare il baricentro del corpo dell'avversario rispetto allo shizentai (自然体, shizentai? "posizione naturale") nelle 8 direzioni principali disposte idealmente a mo' di rosa dei venti, ossia verso l'avanti, indietro, laterale (destra e sinistra) e in diagonale (destra e sinistra).

Tsukuri e Kake

I concetti di tsukuri e di kake sono di fondamentale importanza nell'esecuzione delle tecniche. Il primo quindi si esplicita quando si è nella corretta posizione per effettuare la tecnica impiegando meno energia possibile, seguendo il principio del seiryoku-zen'yo (精力善用, seiryoku-zen'yo? "miglior impiego dell'energia"), mentre invece il secondo è traducibile come la realizzazione materiale del gesto tecnico, o talvolta, anche solo come la proiezione.

Principî di esecuzione del waza

- sen, l'iniziativa;
- go no sen, il contrasto dell'iniziativa;
- sen no sen, l'iniziativa sull'iniziativa

Sen

Il principio sen (lett: prima) è tutto ciò che riguarda l'attaccare un avversario (uke) mediante tecniche dirette o concatenate (renraku waza, successione). sen si applica in primo luogo tramite azioni di tsukuri mirate a sviluppare l'azione mantenendo l'iniziativa, continuando ad incalzare l'avversario con attacchi continui atti a portare l'avversario in una posizione vulnerabile che permetta di attaccarlo con la tecnica preferita (tokui waza).

Go-no-sen

Il principio go no sen si attua con l'uso dei bogyo waza (tecniche di difesa). Dette tecniche, applicabili subendo un attacco per contrastarlo, vengono suddivise in chōwa (schivare), go (bloccare), yawara (assecondare).
Scopo delle tecniche di difesa è recuperare una posizione che permetta di controllare la situazione o di condurre un attacco.

Sen-no-sen

Il principio sen no sen riguarda la controffensiva che tori (colui che agisce) sviluppa nell'istante in cui sta per partire l'attacco di uke(colui che riceve). Dal momento che uke si trova seppur involontariamente in una posizione di precario equilibrio a causa del suo tentativo di tsukuri, occorre anticiparlo prima del suo kake.

L'assidua pratica nel randori (combattimento libero) è fondamentale per sviluppare la capacità di percezione delle azioni dell'avversario. Tale principio realizza il kaeshi, espressione di un modo evoluto di condurre il combattimento in cui si lascia volutamente l'iniziativa all'avversario ma sempre controllando le sue azioni fino a cogliere l'attimo in cui applicare la contro-tecnica.

Bloccare, schivare o assecondare un attacco, cioè utilizzare una tecnica di difesa, può metterci nella condizione di poter condurre con successo un nuovo attacco nei confronti dell'avversario, ma è solamente anticipando l'azione nemica che si realizza correttamente un kaeshi. Negli altri casi, è più corretto parlare di contrattacco (giaku geki) piuttosto che di contro-tecnica (kaeshi waza), quantunque a scopo didattico si preferisca utilizzare sempre il termine kaeshi riferendosi alle azioni di attacco-difesa, allo scopo di non generare confusione negli allievi introducendo un concetto di dubbia comprensione.

In altre parole, si ha un kaeshi quando ad un attacco dell'avversario corrisponde un attacco immediato che lo sovrasta, mentre un contrattacco prevede l'utilizzo di una difesa (chowa, go, yawara) prima di eseguire la tecnica voluta. Per quanto veloce possa essere l'esecuzione, c'è sempre un attimo di rottura nell'azione: nel caso del kaeshi, questa rottura non esiste perché la contro-tecnica anticipa l'azione dell'avversario prima che questi abbia potuto dispiegare per intero il proprio attacco.

p3Z84
Esercizi d'allenamento

Tandoku-renshu: pratica individuale.
Uchi-komi: ripetizione delle tecniche con compagno.
Nage-komi: esercizi di proiezione.
Yaku-soku-geiko: scambio di tecniche in movimento con compagno.
Kakari-geiko: esercizi specifici di ruolo.
Randori: pratica libera.
Shiai: combattimento da competizione.

I Kata

I kata (形, kata?) sono costituiti da esercizi di tecnica e di concentrazione di particolare difficoltà e racchiudono in sé la sorgente stessa dei principî del jūdō. La buona esecuzione dei kata necessita di lunghi periodi di pratica e di studi approfonditi, al fine di apprenderne il senso profondo.

Il Kōdōkan Jūdō Institute riconosce come ufficiali i seguenti kata:

Nage-no-kata (投の形, Nage-no-kata? "forme delle proiezioni"), composto di 5 gruppi (te-waza, koshi-waza, ashi-waza, mae-sutemi-waza, yoko-sutemi-waza)
Katame-no-kata (固の形, Katame-no-kata? "forme dei controlli"), composto di 3 gruppi (osae-komi-waza, shime-waza, kansetsu-waza).
Kime-no-kata (極の形, Kime-no-kata? "forme della decisione"), anticamente chiamato shinken-shōbu-no-kata (真剣勝負の形, shinken-shōbu-no-kata? "forme del combattimento reale").
Jū-no-kata (柔の形, Jū-no-kata? "forme dell'adattabilità").
Kōdōkan goshin-jutsu (講道館護身術, Kōdōkan goshin-jutsu? "arte di autodifesa del Kōdōkan"), istituito nel 1956 ad uso delle forze dell'ordine giapponesi.
Itsutsu-no-kata (五の形, Itsutsu-no-kata? "forme dei cinque principî").
Koshiki-no-kata (古式の形, Koshiki-no-kata? "forme antiche"), rievocazione delle forme della Kitō-ryū di jū-jutsu.
Seiryoku-zen'yō kokumin-taiiku-no-kata (精力善用国民体育, Seiryoku-zen'yō kokumin-taiiku-no-kata? "forme dell'educazione fisica nazionale del miglior impiego dell'energia").
L'insieme di nage-no-kata e katame-no-kata viene anche definito randori-no-kata (乱取りの形, randori-no-kata?) poiché in essi vi sono i principî e le strategie in uso nel randori.

Non ufficialmente riconosciuto dal Kōdōkan Jūdō Institute è il:

Gō-no-kata (剛の形, Gō-no-kata? "forme della forza"). Questo è il primo kata adottato dal jūdō caduto però in disuso dopo la morte del Prof. Jigorō Kanō il quale ne abbandonò lo sviluppo in favore del jū-no-kata.
Inoltre, non riconosciuti dal Kōdōkan Jūdō Institute in quanto creati ad hoc da maestri o ex-maestri del Kōdōkan in base alle proprie caratteristiche tecniche, sono il:

Nage-ura-no-kata (投裏の形, Nage-ura-no-kata? "forme delle controproiezioni"), ad opera di Kyuzō Mifune, jūdan ed allievo diretto di Jigorō Kanō Shihan.
Gō-no-sen-no-kata (剛の先の形, Gō-no-sen-no-kata? "forme dei contrattacchi gō") di Mikonosuke Kawaishi, creatore di uno stile personale ed insegnante in Francia).

fonte. Wikipedia
 
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