Il
Judo (柔道, Jūdō?, Via della Cedevolezza) è un'arte marziale e uno sport da combattimento giapponese formalmente nata in Giappone con la fondazione del Kōdōkan da parte del Prof. Jigorō Kanō, nel 1882. I praticanti di tale disciplina sono denominati judoisti o più comunemente judoka (柔道家, jūdōka?), con un certo abuso di linguaggio.[1]
« Il jūdō è la via (道) più efficace per utilizzare la forza fisica e mentale. Allenarsi nella disciplina del jūdō significa raggiungere la perfetta conoscenza dello spirito attraverso l'addestramento attacco-difesa e l'assiduo sforzo per ottenere un miglioramento fisico-spirituale. Il perfezionamento dell'io così ottenuto dovrà essere indirizzato al servizio sociale, che costituisce l'obiettivo ultimo del jūdō.[2]
Jū (柔) è un bellissimo concetto riguardante la logica, la virtù e lo splendore; è la realtà di ciò che è sincero, buono e bello. L'espressione del jūdō è attraverso il waza, che si acquisisce con l'allenamento tecnico basato sullo studio scientifico.[3] »
(Jigorō Kanō)
Il jūdō è in seguito divenuto ufficialmente disciplina olimpica nel 1964, in occasione delle Olimpiadi di Tōkyō, e ha rappresentato alle Olimpiadi di Atene 2004 il terzo sport più universale, con atleti da 98 paesi.
DescrizioneIl termine "jūdō" è composto da due kanji: 柔 (jū, yawara = gentilezza, adattabilità, cedevolezza) e 道 (dō = via); ed è quindi traducibile anche come via dell'adattabilità, o via della gentilezza;[4] esplicitando così il principio yawara (柔, yawara?) sul quale si basa il jūdō.
« Il termine "jūdō" è stato usato in tempi remoti antecedenti alla restaurazione Meiji, ma generalmente si preferiva dire "jū-jutsu", o più comunemente "yawara", che compendia il precedente: l'uno richiamandosi all'agilità vera e propria e l'altro alle tecniche di attacco e difesa.[5] »
(Jigorō Kanō)
Il jūdō del Prof. Kanō è l'evoluzione del jū-jutsu della Tenshin Shin'yo-ryũ e della Kitō-ryũ.
Jigorō Kanō Jigoro Kano (嘉納 治五郎, Kanō Jigorō?) (28 ottobre 1860 – 4 maggio 1938) è stato un judoka giapponese, fondatore del Jūdō.
Il Maestro Jigoro Kano nacque il 28 ottobre 1860 a Mikage, un piccolo villaggio marino nei pressi di Kobe. Egli era il terzo figlio di Jirosaku Kano, ufficiale di Marina dello shogun Tokugawa, ma il titolo era probabilmente onorifico in quanto la famiglia si occupava della produzione di sakè. Da giovane, essendo di piccola statura e di fisico piuttosto gracile, pratica intensamente dell'attività fisica ed alcuni sport occidentali come il baseball, di cui fu il fondatore del primo club giapponese. Kano sapeva che nel periodo feudale veniva praticato in Giappone il jujutsu, una disciplina con la quale un uomo poteva battere un avversario anche di gran forza, e comincia ad interessarsene. Si procura perciò numerosi Densho, i libri segreti, che ormai si trovavano in vendita nei mercatini, e con un suo compagno di studi tenta di addestrarsi da solo. Più tardi si iscriverà in una palestra in cui si pratica il jujutsu, divenendo abilissimo allievo, svilupperà in seguito un suo speciale metodo chiamato appunto judo.
La filosofia del Kōdōkan jūdōNel 1882 Jigorō Kanō era docente di inglese ed economia alla Gakushūin. Dotato di straordinarie capacità pedagogiche, intuì l'importanza dell'attività motoria e dell'addestramento al combattimento, se insegnati adeguatamente per lo sviluppo fisico ed intellettuale dei giovani.
« Il jū-jutsu tradizionale, come tante altre discipline del bu-jutsu, poneva l'obiettivo strettamente ed esclusivamente sull'attacco-difesa. È probabile che molti maestri abbiano anche impartito anche lezioni sul significato della Via e altrettanto sulla condotta morale, ma, adempiendo il loro dovere di insegnanti, la meta primaria rimaneva quella di insegnare la tecnica. Diverso è invece il caso del Kōdōkan, dove si dà importanza anzitutto all'acquisizione della Via e la tecnica viene concepita unicamente come il mezzo per raggiungere tale obiettivo. Il fatto è che le ricerche sul jū-jutsu mi portarono verso una Grande Via che pervade l'intero sistema tecnico dell'arte, mentre lo sforzo e i tentativi per definire l'entità della scoperta mi convinsero chiaramente dell'esistenza della Via Maestra, che ho definito come "la migliore applicazione della forza mentale e fisica". »
(Jigorō Kanō) Quindi, Jigorō Kanō Shihan eliminò dal
randori ( indica l'esercizio libero del Judo, cioè la messa in pratica delle tecniche imparate studiando i kata) tutte le azioni di attacco armato e di colpo, che potevano portare al ferimento (talvolta grave) degli allievi: tali tecniche furono ordinate solo nei
kata, in modo che si potesse praticarle senza pericoli. Ed infatti, una delle caratteristiche fondamentali del jūdō è la possibilità di effettuare una tecnica senza che i praticanti si feriscano. Ciò accade grazie alla concomitanza di diversi fattori quali l'abilità di uke nel cadere, la corretta applicazione della tecnica da parte di tori, e alla presenza del tatami che assorbe la caduta di uke. Nel combattimento reale, come può essere una situazione di pericolo contro un aggressore armato o non, una tecnica eseguita correttamente potrebbe provocare gravi menomazioni o finanche essere fatale.
Difatti non bisogna mai dimenticare il retaggio marziale del jūdō: il Prof. Kanō studiò e approfondì le
nage-waza della Kitō-ryū, le
katame-waza e gli
atemi-waza di Tenshin Shin'yō-ryū e costituì un suo personale sistema di educazione al combattimento efficace e gratificante, supportato da forti valori etici e morali mirati alla crescita individuale e alla formazione di persone di valore.
Scrive Barioli:
«Questa è la diversità di concezione tra il jūjutsu e il jūdō. Dalla tecnica e dalle esperienze del combattimento sviluppate nel periodo medievale, arrivare tutti insieme per crescere e progredire col miglior impiego dell'energia, attraverso le mutue concessioni e la comprensione reciproca.» Questa fu la vera evoluzione rispetto al jūjutsu che si attuò anche attraverso la formulazione dei principî fondamentali che regolavano la nuova disciplina:
seiryoku-zen'yō (精力善⽤, seiryoku-zen'yō? "il miglior impiego dell'energia") e
jita-kyō'ei (⾃他共榮, jita-kyō'ei? "tutti insieme per il mutuo benessere").
Le otto qualità essenziali sulle quali si poggia il codice morale del fondatore, alle quali ogni judoista (jūdōka) dovrebbe mirare durante la pratica e la vita di tutti i giorni sono:
L'educazione
Il coraggio
La sincerità
L'onore
La modestia
Il rispetto
Il controllo di sé
L'amicizia
Mentre i tre nemici che ogni judoka dovrebbe tenere lontano sono:
la noia
l'abitudine
l'invidia
Per ottenere ciò, nell'ottica educativa della disciplina, è necessario impiegare proficuamente le proprie risorse, il proprio tempo, il lavoro, lo studio, le amicizie, allo scopo di migliorarsi continuamente nella propria vita e nelle relazioni con gli altri, conformando cioè la propria vita al compimento del principio del "miglior impiego dell'energia". Si stabilì così l'alto valore educativo della disciplina del judo, unita alla sua grande efficacia nel caso venisse impiegato per difendersi dalle aggressioni.
Il judo mira a compiere la sintesi tra le due tipiche espressioni della cultura giapponese antica e cioè
Bun-bu, la penna e la spada, la virtù civile e la virtù guerriera: ciò si attua attraverso la pratica delle tre discipline racchiuse nel judo, chiamate
rentai (cultura fisica),
shobu (arti guerriere),
sushin (coltivazione intellettuale).
Il judo conobbe una straordinaria diffusione in Giappone, tanto che non esisteva una sola città che non avesse almeno un dojo. Parallelamente si diffuse nel resto del mondo grazie a coloro che avevano modo di entrare in contatto col Giappone; furono principalmente commercianti e militari che lo appresero, importandolo poi nel loro paese d'origine. Non meno importante fu la venuta in Europa intorno al 1915 di importanti maestri giapponesi, allievi diretti di Jigoro Kano, che diedero ulteriore impulso allo sviluppo del judo, tra cui Gunji Koizumi in Inghilterra nel 1920 e Mikonosuke Kawaishi in Francia.
Jigoro Kano morì nel 1938, in un periodo in cui il Giappone, mosso da una nuova spinta imperialista, si stava avviando verso la seconda guerra mondiale. Dopo la disfatta, la nazione venne posta sotto il controllo degli USA per dieci anni e il judo fu sottoposto ad una pesante censura poiché catalogato tra gli aspetti pericolosi della cultura giapponese che spesso esaltava la guerra. Fu perciò proibita la pratica della disciplina ed i numerosi libri e filmati sull'argomento vennero in gran parte distrutti. Il judo venne poi "riabilitato" grazie al CIO (comitato olimpico internazionale) di cui Jigoro Kano fece parte quale delegato per il Giappone, e ridotto a semplice disciplina di lotta sportiva ma i suoi valori più profondi sono ancora presenti e facilmente avvertibili dai partecipanti.
Ai giorni nostri A partire dal dopoguerra, con l'organizzazione dei primi Campionati Internazionali e Mondiali, e successivamente con l'adesione alle Olimpiadi, il judo si è sempre più avvicinato allo sport da combattimento mutuandone le caratteristiche tipiche dell'agonismo proveniente dalle discipline di lotta occidentali.
Si è perciò cominciato a privilegiare la ricerca del vantaggio minimo che permette di vincere la gara, a discapito della ricerca della tecnica perfetta che attribuisce la vittoria immediata, ma che espone a maggiori rischi di subire un contrattacco. Questo è possibile utilizzando tecniche derivate dalla lotta libera che per efficacia in gara si contrappongono alle tecniche tradizionali del judo le quali tradiscono l'indirizzo bujutsu che le caratterizza per vocazione e genealogia.
Questo risvolto, purtroppo inevitabile, non ha fatto che aumentare con l'entrata in scena, avvenuta negli anni ottanta, degli atleti dell'ex URSS, aventi una lunga tradizione di lotta sambo alle spalle la quale, epurata delle tecniche dei colpi, ben si presta ad un confronto agonistico col judo.
In conseguenza di ciò, si è sviluppata la tendenza a privilegiare un tipo di insegnamento che metta in condizioni gli allievi di guadagnare immediatamente punti in gara, privilegiando talora posizioni statiche del tutto contrarie alla filosofia della via della cedevolezza (che è il significato del termine judo). Purtroppo in questo modo viene spesso tralasciato l'aspetto educativo e formativo della disciplina. Questa pratica è spesso indice di scarsa preparazione degli istruttori, che non comprendono la necessità di fornire un'adeguata base tecnica e morale prima di focalizzarsi sul combattimento vero e proprio.
Allo scopo di riaffermarne il valore, si sono costituite nel tempo Federazioni Sportive anche di carattere internazionale che tendono a far rivivere i principi espressi dal Maestro Jigoro Kano, quantunque anch'esse si dedichino all'attività agonistica. Queste federazioni sono riunite all'interno di Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, quali, CSI, UISP, CSEN, ACSI, Centro Universitario Sportivo ed altre. In Italia la federazione ufficiale appartenente al CONI è la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali).
Questo non significa però che vi siano due tipologie di scuole di jūdō dove una si ritenga superiore all'altra. Come scrisse lo stesso Jigorō Kanō: «Anche nel periodo antico esistevano maestri che impartivano nozioni di tipo etico oltre che tecnico: si trattava di esempi illuminati ma che, tenendo fede al loro impegno di maestri, dovevano necessariamente privilegiare la tecnica. Nel jūdō invece gli insegnanti devono percepire la disciplina soprattutto come educazione, fisica e mentale.» Aggiungendo inoltre che «per coloro che si dimostrassero particolarmente portati alla competizione è lecito interpretare sportivamente la disciplina, purché non si dimentichi che l'obiettivo finale è ben più ampio.»
Pertanto, nella scelta del dojo, è importante affidarsi a maestri di provata esperienza che tengano corsi per tutti, quindi sia per l'agonista quanto per l'amatore, indipendentemente dall'ambito della federazione o dell'ente promozionale.
Da una costola del judo, inoltre, si è sviluppata la disciplina del Brazilian jiu jitsu
Edited by Hamm - 15/11/2011, 11:11